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Ma non diciamo PACSate!

31/01/2006

 

Per rispondere alle polemiche degli ultimi giorni circa i cosiddetti PACS, vorrei prendere a prestito le parole di Francesco D'Agostino (docente di filosofia del Diritto) per interrogarmi e farvi interrogare sulla questione se veramente abbiamo bisogno di un'altra figura giuridica nel diritto di famiglia. A tal proposito il presidente dell'Unione giuristi cattolici italiani, evidenzia: " La vita non è un valore ideologico o religioso, ma è il presupposto di qualsiasi altro valore. Norberto Bobbio, infatti, rimproverò alla cultura laica italiana il fatto di aver lasciato ai cattolici l'onore di battersi a favore della vita. I temi indicati dalla Cei sono veramente metapolitici? La famiglia, garantire l'ordine e l'educazione, sono dimensioni antropologiche fondamentali. Lo dimostra la presenza in tutte le culture e in tutte le epoche della struttura familiare, e delle dinamiche demografiche ed educative.

 

Ma

 
Quale provocazione c'è dietro la richiesta dei pacs? Un modello antropologico radicalmente individualistico, che non riesce più a concepire che la vita dell'uomo si ponga nel segno della relazione. Giustamente da molto tempo Ruini richiama l'attenzione su una corretta visione del modello antropologico: solo se concepiamo, concepiamo l'esistenza umana come vita per e con l'altro, siamo in grado di impostare bene il problema politico anche in senso stretto. Si dice che i pacs favoriranno la solidarietà... Quando si parla del problema delle convivenze, non si fa riferimento a quelle coppie che non riescono a sposarsi per difficoltà di vana natura, che sarebbe comunque doveroso rimuovere. Queste convivenze non sono antimatrimoniali, ma filomatrimoniali. Il vero problema riguarda invece quelle coppie che pur potendo, non vogliono contrarre matrimonio, perché rifiutano tale vincolo e il conseguente equilibrio di esistenza. In queste coppie è palese il primato di un atteggiamento individualistico su quello relazionale.

 

Ma

 
Questo è il pacs, un piccolo matrimonio da stipulare e sciogliere con molta leggerezza. In queste coppie non viene alla luce un'esigenza di solidarietà, ma un'istanza individualistica. Eppure si chiede un riconoscimento statale? È un paradosso. Perché si dovrebbero tutelare vincoli che nascono per definizione come vincoli fluidi e praticamente irrisori? E la richiesta delle unioni gay? La corrente più lucida e significativa del movimento omosessuale non vuole il matrimonio, perché ritiene che la peculiarità del loro vincolo sia radicalmente diversa da quello eterosessuale, con i suoi impegni e i suoi condizionamenti. Per i gay che vogliono il riconoscimento delle loro unioni, è invece fondamentale il desiderio di mostrare che la differenza tra i sessi è irrilevante in ordine alla tutela pubblica. Ma è un'aspirazione che va contro la realtà delle cose. L'unica ragione per cui il diritto garantisce il matrimonio, a differenza dall'amicizia, sta nel fatto che il primo assicura l'ordine delle generazioni. Cosa che il rapporto gay per natura non è in grado di fare. La risposta potrebbe essere: "fateci adottare"... La strumentalizzazione sarebbe plateale: un bambino diverrebbe il mezzo per dare alla coppia omosessuale la soddisfazione di potersi analogare alle coppie fertili eterosessuali. L'adozione è proprio il contrario: deve rispondere all'interesse del bambino, non della coppia adottante. Ma assicurano di poter garantire un'educazione normale... Si scherza con il fuoco. La psicologia dimostra il bisogno di una doppia figura genitoriale eterosessuale. Il resto è ideologia. Peraltro si vuole trasformare un bambino in una cavia di una sperimentazione psichica. Cosa che in qualsiasi altro campo, sarebbe considerata un obbrobrio. Ma la verità si sta facendo strada? L'ideologia può accecare su verità antropologiche fondamentali, ma alla lunga sono i fatti a vincere. Mai come nel nostro tempo l'individualismo radicale mostra la corda".

 

Ixus

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